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Il caffè amaro manda via gli ultimi fumi del sonno. La tavola si riempie di confezioni colorate. Cereali, biscotti, yogurt, qualche merendina, quei panini morbidi imbustati uno per uno che piacciono tanto ai bambini specialmente con la marmellata di fragole. Il latte che si colora di cioccolato e il the verde per sedare i miei sensi di colpa salutistici.
L’azione, inizialmente lenta e impastata, assume ritmi sempre più frenetici mano a mano che l’ora della scuola e del lavoro si avvicinano. Si esce di casa trafelati infilando il succo di frutta e la merendina nello zainetto per la scuola insieme a qualche spicciolo per il distributore automatico preso d’assalto nell’intervallo.
Finito il turbinio passo al bar per l’immancabile cappuccino e cornetto. A volte ci metto anche un cioccolatino per addolcirmi la giornata. Il rito del caffè, o del bar, si ripete più volte nell’arco della giornata. Una pizzetta al formaggio e prosciutto e una spremuta o un ACE per spezzare la mattinata. A pranzo mi mangio il solito piatto di pasta al bar sotto al lavoro. Qualche volta cerco di divagare con un’insalata rinforzata per assolvere il mio solito senso di colpa salutista. Non basta, la condisco con un paio di tramezzini. Se ho un pranzo di lavoro è tutto più semplice. Il rituale prevede un menu completo visto che si tratta di un incontro formale. Cerco di bilanciare le portate ricordando i consigli di quella rivista che ho letto dal dentista. Attenzione al glutine, ai fritti, alla coca cola, al cibo spazzatura (junk food), agli zuccheri e ai grassi animali. Mi martellano in testa le mille promesse di salute e longevità. La dieta organolettica, la paleo, la vegana, la crudista, la tisanoreica, la chetogenica, la 5:2, la lollipop e chi più ne ha più ne metta.
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Il pomeriggio passa tra i fumi evaporati del grappino postprandiale e il pezzo di pizza delle cinque.
Torno stravolto dal lavoro, il traffico impazzito e i 50 minuti tondi a trovare parcheggio. Un profumo di sugo che borbotta mi avvolge dolcemente le narici. L'amatriciana di mia moglie è fantastica. “Ci ho messo un pezzo di guanciale che mi ha dato la Rita. Sai la moglie del fattore, quello dove siamo stati la scorsa domenica”. Gli involtini sono meravigliosi e i broccoli ripassati in padella una delizia. Approfitto pure dei torroncini rimasti da capodanno e del passito di Pantelleria che con i tozzetti è un mito.
Vado a letto contento e rifocillato per combattere la mia eterna lotta con il drago.
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Si va a letto con il buio. Si dorme profondamente il meritato sonno.
Facciamo ora due conticini e qualche considerazione. Diciamo che ho 40 anni, peso 70 kg e sono alto 180 cm. Facendo due conti grossolani mi accorgo che il primo giorno ho consumato circa 2200 kcal mentre ho ingerito oltre 2700 kcal.
Il secondo giorno ho consumato oltre 3000 kcal mentre ho ingerito tra le 2000 e le 2500 kcal.
Senza fare alcuna valutazione in termini di qualità e ricchezza di micronutrienti, sali e fibre, mi accorgo che il primo giorno ho ingerito 500 kcal in più del mio fabbisogno mentre il secondo 500 kcal in meno.
Cio significa che il primo giorno tendevo ad ingrassare nel secondo a dimagrire. Se la mia situazione perdura in una delle due condizioni tenderò ad essere sovrappeso nel primo caso e sottopeso nel secondo caso. Si capisce perché nei primi del novecento (o oggi nei paesi poveri) tendevamo ad essere denutriti mentre ora tendiamo ad essere sovrappeso.
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A questo si aggiungono gli enormi sviluppi dell’industria alimentare che ha selezionato specie più produttive e intensificato la sofisticazione dei prodotti per renderli più comodi, appetibili ed energetici. Purtroppo questo ha ridotto la qualità dei nutrienti innescando un meccanismo pernicioso che, oltre a favorire l’obesità, ha ridotto le caratteristiche naturalmente salutari del cibo e aumentato lo spreco. Poiché il consumatore indirizza le scelte del mercato è fondamentale incrementare la sensibilizzazione a un’abitudine alimentare consapevole che indirizzi la produzione verso un’alimentazione a misura d’uomo e della natura. Alla rivoluzione tecnologica del cibo è dunque ora di affiancare quella culturale.
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