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Ci sono sempre più elementi che accomunano l'Alzheimer a una nuova forma di diabete, il tipo 3, che si aggiunge a quelle più note di tipo 1 e 2. Queste scoperte fanno riflettere sulla necessità di modificare la produzione e distribuzione degli alimenti in un mondo globalizzato e troppo industrializzato.
Se mai ci fosse bisogno di una nuova ragione per eliminare i kg di troppo ebbene sembra essere proprio questo il caso.
Nuovi studi indicano che esiste una nuova forma di diabete: il tipo 3, altresì conosciuto come Alzheimer.
Le due forme più note di diabete, il tipo 1 e 2, si distinguono l'una dall'altra per il fatto che con il primo generalmente ci si nasce mentre il secondo si acquisisce per una serie di fattori tra i quali assume grande importanza l'eccesso di grasso, in particolare quello addominale (per un approfondimento si veda il mio articolo su questo Blog).
Che l'Alzheimer potesse essere un terzo tipo di diabete è un idea nata nel 2005, ma la correlazione tra cattiva alimentazione e Alzheimer sta diventando un'ipotesi sempre più fondata (vedi cover story nel New Scientist “Food for Thought: What You Eat May Be Killing Your Brain.”)
Gli studi più recenti sono ancora più persuasivi sopratutto per il fatto che si conosce sempre meglio il ruolo dell'insulina nella fisiologia. L'insulina, è una molecola secreta da cellule specializzate del pancreas e la sua funzione principale consiste nel veicolare il glucosio circolante nel sangue all'interno delle cellule, di tutte le cellule. Senza l'insulina il glucosio non riesce a entrare nella cellula affamandola. Inoltre, se una gran quantità di glucosio perdura eccessivamente in circolo crea i disturbi tipici del diabete andando ad intaccare l'integrità e la funzionalità di vasi sanguigni ed altri compartimenti vascolarizzati nonché il sistema nervoso.
Il glucosio è lo zucchero più utilizzato dal corpo per la produzione dell'energia necessaria al corretto funzionamento delle cellule e dunque degli organi.
Il glucosio deriva in gran parte dalla demolizione dei carboidrati e, se in eccesso, viene stoccato sotto forma di glicogeno o di lipidi. Dopo un pasto, la digestione provvede a demolire i carboidrati in zuccheri semplici come il glucosio. Questo zucchero viene assorbito nel circolo sanguigno e distribuito nei tessuti. Un aumento di glucosio ematico stimola il pancreas a secernere insulina la quale, come già detto, veicola il glucosio dal circolo sanguigno all'interno della cellula (in pratica è la chiave che apre la porta al glucosio per entrare nella cellula). In questa sede il glucosio è disponibile per essere utilizzato dalla cellula nel mantenimento delle sue funzioni.
L'insulina ha un compito molto importante per l'efficienza cellulare e nel proteggere i vasi sanguigni dall'azione nefasta dell'eccesso di glucosio in circolo. Ma quest'azione dell'insulina si estende a tutte le cellule, incluse quelle del sistema nervoso, mantenendole attive e sane grazie alla corretta fornitura di glucosio. Se i livelli di insulina si riducono le cellule entrano in sofferenza riducendo anche le funzioni cerebrali incidendo sulla memoria, sulla personalità e generando disorientamento. In pratica i sintomi dell'Alzheimer.
L'Alzheimer è stato scoperto per via della formazione di depositi di aggregati proteici che formano le cosiddette placche amiloidi. l'accumulo di tali placche, ancora oggi misterioso, porta alla degenerazione cellulare tipica della malattia. Inoltre, nell'insorgenza dell'Alzheimer l'insulina diventa inefficace sulle cellule del cervello, in particolare quelle che hanno a che fare con la memoria e la personalità. Secondo le ipotesi più recenti, sembra che la combinazione o correlazione di questi fattori sia determinante nell'insorgenza e sviluppo della malattia.
Quello che emerge è che pur non essendo il diabete (tipo 1 o 2) a causare l'Alzheimer, esiste un'origine comune con il diabete. Infatti, il primo stadio dell'Alzheimer è caratterizzato dal ridotto assorbimento di glucosio da parte delle cellule cerebrali. Questo fenomeno, nell'insorgenza del diabete di tipo 2 e' noto come “insulino resistenza”, una fase pre-diabetica nel corso della quale le cellule fanno fatica a rispondere allo stimolo dell'insulina vanificando la sua azione. Questo fa si che il glucosio non venga adeguatamente assorbito con la conseguenza di “affamare” le cellule uccidendole o rendendole incapaci di svolgere le loro funzioni.
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Ma da cosa è provocata l'insorgenza di questa resistenza all'insulina delle cellule cerebrali? Si è osservato che esiste una possibile correlazione con l'uso sempre più generalizzato e cronicizzato dei composti azotati (nitrati nelle coltivazioni e nitriti nella conservazione dei prodotti freschi e colorazione dei prodotti alimentari) che si trasformano in nitrosammine, molecole note per essere agenti cancerogeni ad alti dosaggi. L'introduzione di nitrosammine nel cervello porta all'insorgenza di insulino-resistenza e dei sintomi dell'Alzheimer.
Si è osservato che le nitrosammine anche a basse dosi, se cronicizzate, sembrano essere responsabili di diverse patologie tra le quali il diabete, l'obesità, la steatosi epatica, la demenza e forme degenerative simili all'Alzheimer.
L'Alzheimer e il diabete di tipo 2 stanno diventando malattie sempre più frequenti nella popolazione e questa tendenza non è correlata all'aumento dell'aspettativa di vita. Se si analizza l'incidenza in fasce d'età (45-55 e 55-65 anni) si può osservare che dal 1980 ad oggi c'è stato un incremento vertiginoso dell'incidenza di queste patologie. Questo problema si traduce non solo in sofferenza ma anche in costi che, con l'andamento attuale, incideranno per 200 miliardi di dollari per l'Alzheimer che si aggiungono ai 150 miliardi derivanti dalle altre patologie collegate all'obesità per un totale di 350 miliardi annui che, in proiezione, nei prossimi 40 anni incideranno per un vertiginoso trilione di dollari.
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Questi elementi suggeriscono di predisporre misure importanti per ridurre il più possibile l'esposizione ai composti azotati il che si traduce nell'evitare cibi processati, nell'incrementare l'uso di cibi biologici, nello sviluppo di politiche che riducano le grosse produzioni a favore di quelle piccole e locali, a un maggior controllo della qualità della produzione, alla limitazione dell'uso dei pesticidi e conservanti e dunque alla promozione del km zero, allo sviluppo di una migliore educazione alimentare e una cucina sana.
Per salvarci dalla degenerazione cerebrale e dall'oppressione dell'obesità dobbiamo ripensare alle politiche di globalizzazione, produzione e distribuzione del cibo per poter “regredire” alle buone usanze dei nostri nonni, alle piccole fattorie di qualità alle ricette sane e naturali.
Fonte: Alzheimer's: Diabetes of the Brain? Dr. Suzanne DeLaMonte
Approfondimenti: NIH: Relative Intake of Macronutrients Impacts Risk of Mild Cognitive Impairment or Dementia and The Whitehall II Cohort Study; Rhode Island Hospital: A Link Between Brain Insulin Resistance and Neuronal Stress in Worsening Alzheimer’s Disease
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